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È un argomento che tocca molto da vicino e in profondità.

Per me, la solitudine ha tre qualità: è dolorosa, necessaria e gioiosa.

solitudine Gabriele Policardo

È dolorosa perché – come mi disse una volta il mio primo (e unico) terapista Pietro – “nessuno sceglie di essere solo”. La solitudine fa male perché ci obbliga a stare in compagnia della persona più difficile e complessa che conosciamo: noi stessi; perché non ci sono tutti quegli alibi, quei depistaggi, quelle scorciatoie che cerchiamo quando ci nascondiamo dietro agli “altri” e riempiamo la nostra vita di presenze che ci allontanano ancora di più da noi stessi.

Curiosamente, scopriamo che c’è un dolore molto più forte nell’essere in compagnia di chi non ci vede, non ci comprende, non ci ama e – a un qualche livello – ci usa. Ma ci fa sentire al sicuro, poiché ci allontana dalle profondità della nostra psiche, là dove risiedono quei nodi che sta a noi risolvere per poter davvero decollare e scoprire la gioia suprema.

E questo è un cammino che non si può affrontare se non in solitudine, perciò essa è anche necessaria. La solitudine è l’unica amica di chi si confronta con l’Assoluto: che sia un mistico alla ricerca del Sé, un chimico che insegue una formula, un pianista che anela alla perfezione nell’esecuzione di una sonata o un atleta che sogna il podio olimpico, è la solitudine la più necessaria delle esperienze per conseguire il più alto livello. Per me è stata dolorosa e necessaria la solitudine di anni di studi, ricerche, verifiche; le notti insonni con gli occhi tenuti aperti dall’entusiasmo del sapere, del conoscere: i grandi artisti, ciò che li ha ispirati, la filosofia, la letteratura, la pittura, il cinema, ma soprattutto, le conoscenze biologiche alla base delle Biocostellazioni, quel capolavoro d’ingegneria e bellezza che è il nostro tempio divino, il nostro corpo perfetto, con il suo linguaggio sopraffino.

In conclusione, questa solitudine dolorosa e necessaria spalanca le porte a una gioia improvvisa e incorruttibile, intensa e duratura, quella del riconoscimento. Il riconoscimento della verità, della bellezza, dell’altro e delle sue divine qualità e peculiarità. Solo a questo livello, dopo averne sopportato le sfide e le ferree discipline, altre solitudini appaiono e ci s’incontra d’un tratto con altri solitari che, quasi con nulla, arricchiscono immensamente la nostra vita e ci ripagano di tanti sacrifici. Perché dopo aver creato intorno a noi quel vuoto e quel silenzio, fondamentali a cogliere il suono e la forma della nostra anima, possiamo finalmente accogliere al nostro fianco altri viaggiatori e godere delle cose piccole, umili e semplici della vita. Non più alla ricerca dell’infinito fuori, ma silenti e accordati, come corde del liuto, a risuonare della sconfinata gioiosa magia di una cena insieme, in un luogo bello, presenti a se stessi, connessi e spensierati.

Gabriele Policardo

Fonte Profilo Facebook di Gabriele Policardo

Libro prezioso di Gabriele Policardo sulle biocostellazioni Malattia come Relazione Sospesa

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