Il fischio al naso: come non l’abbiamo mai visto
Il fischio al naso: un profondo e maturo racconto di cui fare tesoro, visto in chiave introspettiva da Eleonora Brigliadori.
Ho un vivo ricordo di Ugo Tognazzi che incontrai a Montecarlo agli inizi degli anni ’80, quando ero ancora il mezzo busto di Canale Cinque, nel senso che ancora il grande pubblico non mi aveva visto a figura intera… e lui scherzando mi chiese: lo sai quali sono i tre misteri del sesso per gli italiani?
AMAVA FARE QUESTO genere di BATTUTE CON IL SUO AMICO PAOLO VILLAGGIO CON CUI AD OGNI NUOVO INCONTRO, in quei giorni monegaschi SI DICEVANO sempre, come un tormentone: MA che, tu SEI ANCORA VIVO??? Ma non dovevi morire ieri, dopo cena??? Tra pompe funebri ed epitaffi, la risata era per chi affondava meglio la lama sul petto dell’altro….
Ora io ovviamente non avevo idea di che cosa lui volesse intendere con la sua domanda, per cui dissi non so, dimmi tu…
La risposta di Ugo
La risposta di Ugo a quella provocazione fu all’incirca, (dico all’incirca poiché “la registrazione” come tutte le cose vere e vive che la nella vita ci sorprendono era avvenuta solo nel mio corpo eterico, attraverso il senso ultimo del significato delle parole accolte, che colsero pure tutti i presenti a quella cena…e non fu quindi effettuata attraverso un registratore nascosto…( come capita invece oggi) ovvio che i cellulari ancora non c’erano…) questa:
il primo mistero è la suora, nessuno sa cosa c’è sotto la tonaca, e non oserebbero chiederlo a nessuno…. poi il secondo mistero è la donna di colore, perché tutti vorrebbero raccontarlo ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo… e poi c’è la Brigliadori…. nessuno sa se la metà di sotto, sia meglio della metà di sopra….
Ugo aveva avuto il coraggio di dirmelo in faccia…
La trovai una cosa molto interessante che mi fece riflettere sui pensieri incoffessabili degli italiani…. Circa un mese fa, ho riflettuto anche sulle rabbie omicide degli stessi italiani, colpiti da amnesia e da incapacità critica riguardo alle calunnie precise del sistema mediatico….
All’epoca non risposi nulla ad Ugo, mi limitai a sorridere, senza aver davvero compreso il peso delle sue parole… Oggi potrei dagli una risposta vera e profonda, che allora no, non potevo immaginare…. ma ho sempre stimato quest’attore straordinario per la sua perspicacia e profonda sincerità… quando ho rivisto questo film ho cominciato anche ad apprezzare la sua lungimiranza più che profetica… sintomo di un capovolgimento patologico della prospettiva oggi considerata quella corretta….
Allego una breve intro al film….
Buona visione, se lo trovate capirete molte cose degli ospedali di oggi e del sistema capovolto in cui ci troviamo….
Ugo Tognazzi dirige questo film, forse uno dei suoi capolavori, che trae spunto da un racconto di Dino Buzzati, “Sette piani”, se non lo avete visto vi suggerisco non solo di vederlo, come un film che parla di oggi, ma anche di studiarne la sapiente costruzione psicologica, che porta a coscienza ciò che oggi sta accadendo alla società italiana. La “Salus Bank” è la clinica dove il nostro Ugo finisce per capitare per un problemuccio ridicolo, il fischio al naso appunto, ma da cui non riuscirà più ad uscire.
Qui non si parla ancora di protocollo e di firme con il sangue…. ma si parla di piani, ogni piano dipende da un’altro, ma questi piani non lasceranno via di scampo…. un po come accade con le false terapie, si guarisce solo con la morte, poichè anche quelli che restano vivi, pur senza rendersi conto di quel che sta loro accadendo, in realtà non fanno altro che servire un piano o l’altro del potere occulto e anche loro vedranno la realtà a cui hanno donato le loro forze vitali ingenuamente solo dopo aver varcato la soglia. Ahimè!!!!
L’emancipazione femminile comporta maggiore libertà anche nei costumi sessuali: quando la figlia resta incinta, in famiglia non se ne fa un dramma e ci si limita a mandarla ad abortire fuori dall’Italia. La crisi per Tognazzi arriva invece con un leggero disturbo: il fischio al naso che dà il titolo al film. L’uomo si ricovera in una clinica di lusso che si rivela via via una struttura sempre più claustrofobica e fatale, nella quale rimarrà imprigionato fino alla sua morte.
Gli sceneggiatori del film
Tra gli sceneggiatori, oltre a Tognazzi e a Scarnicci e Tarabusi, è da notare la collaborazione di Alfredo Pigna, ma soprattutto di Raphael Azcona, il partner abituale di Marco Ferreri (che appare nel film nei panni di un dottore). È proprio Azcona ad orientare la storia verso una direzione metaforico – esistenziale che si allontana dai toni consueti della commedia, dandogli un’aria grottesca e cupa; mentre gli altri autori della commedia italiana puntano la sanità come specchio di malcostume, “Il medico della mutua” di Zampa uscirà a breve, Tognazzi preferisce trarne il pretesto per una storia surreale e dai toni kafkiani.
Tratto dal racconto di Dino Buzzati “Sette piani”, la scenografia è curata alla perfezione per dare un’aria di razionalità spietata e agonizzante, coerente con la fonte letteraria. Dalla critica è ritenuto forse in miglior film di Tognazzi nei panni di regista. Gran parte del film e questa è un’invenzione che obbedisce alle frequenti dichiarazioni anticapitalistiche di Tognazzi, è occupata dalla fabbrichetta, nata come produttrice di santini e calendari religiosi, diventata poi una grande fabbrica per la produzione di articoli di carta usa e getta, con il principio che occorre produrre per consumare e consumare per distruggere e di nuovo produrre.
Qui di seguito: “Sette piani”, il racconto integrale di Dino Buzzati
Prosegue il racconto di Eleonora
Agli antipodi è la Salus Bank, la super clinica di lusso che si manifesta una costosa catena di smontaggio dei propri clienti, che non sono malati (recita un giudizioso cartello della clinica: «Non si muore che in un momento di distrazione») bensì ospiti, e in quanto tali almeno inizialmente vengono trattati come clienti privilegiati. In questo non luogo, dominano speculazione e menzogna, ma regna soprattutto il senso del potere, da cui è impossibile sfuggire anche per il protagonista, che è ricco e che si ritiene potente a sua volta.
L’industriale Giuseppe Inzerna è convinto di poter dominare tutto, persino il casello dell’autostrada, su cui spara nell’incipit per non pagare il pedaggio. Appena ricoverato nella superclinica per la supposta malattia (un fastidioso «fischietto al naso») si trova progressivamente isolato. Ma nonostante le insofferenze, le proteste e tentati esposti al Ministero della Sanità, Inzerna è un vinto in partenza, un predestinato: non può opporsi ai successivi trasferimenti di piano in piano, quindi alla progressiva morte. Man mano che procede verso l’alto, dove sorvola un elicottero destinato all’ultimo “trasporto” del “caro estinto”, il suo destino si compie. Secondo il motivo musicale che fa da leitmotiv al film, una vecchia “conta” lombarda «Auiliulè, che taprofit a lusinghé, tulilemblemblù, tulilemblemblà…» non v’è niente di più giusto del motto «Oggi tocca a me, domani tocca a te, non si sa perché» e questa volta tocca a Inzerna, colpevole della sua presunzione, della sua arroganza o forse solo della vicenda che gli è toccata: l’uomo non riesce a sottrarsi come vittima alla società dei consumi.
Qui di seguito: “Il fischio al naso”, il Trailer
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