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Solo due cose ti è concesso di sapere su di essi: che esistono e che ti troveranno (Albert J. Nock)

Albert J. Nock

Libri di Albert J. Nock (Link affiliato)

“Tu non sai, e non saprai mai, chi siano i Rimanenti, né che cosa facciano o faranno. Solo due cose ti è concesso di sapere su di essi: che esistono e che ti troveranno.”

I Rimanenti sono una minoranza di persone che hanno compreso mediante il nucleo del loro essere cosa significhi essere liberi. Quasi intuitivamente colgono il carattere contraddittorio dei concetti di Stato e società, con la loro perenne fame di risorse da vampirizzare fino al dissanguamento.

L’anarchico individualista Albert Jay Nock (1870-1945) riteneva che l’obiettivo primario dei propugnatori di libertà dovesse essere quello di rintracciare e tutelare altri Rimanenti, piuttosto che darsi da fare per aprire gli occhi alla popolazione comune mediante un lento e faticoso processo di informazione. In termini moderni intendeva dire che predicare la libertà a persone che credono a ogni parola dei media main-stream e fanno la fila per votare il giorno delle elezioni, fosse una perdita di tempo.

Solo una cosa sarebbe stata in grado di convertire la popolazione comune: un collasso sociale così doloroso da non lasciare più ambito di manovra a quelli che ignorano o negano la realtà sotto i loro occhi. Solo quando la brutale realtà dello Stato fosse stata del tutto messa a nudo, i loro occhi ed orecchie avrebbero innescato una reazione che la logica e l’intuito non sono mai riusciti a innescare, ispirare un apprezzamento di ciò che significa perdere la libertà.

Mi sono imbattuta nella teoria dei Rimanenti di Nock anni fa, quando ero ancora una anarchica imberbe, e non mi piacque. In primo luogo perché influenzata da una altra teoria formulata del pensatore, in merito alla cosiddetta ‘educabilità’. Nock suddivide il mondo in due grandi categorie: quelli in grado di apprendere l’abilità del pensiero critico indipendente, con cui riescono ad interrogarsi e osservare il mondo con spirito critico (educabilità), e quelli – la maggioranza – capaci solo di essere addestrati ad incamerare le informazioni altrui ed eseguire compiti specifici.

Nock non ne fa una questione di istruzione, dato che nel secondo insieme include medici, avvocati e artigiani specializzati. Asserisce che i medici siano solo delle figure altamente addestrate ma non adeguatamente istruite da potere valutare criticamente il mondo morale e politico che le circonda. Il fatto che effettuino interventi di neurochirurgia proverebbe solo il loro elevato grado di specializzazione nell’eseguire dei compiti specifici, attenendosi ad una serie codificata di procedure.

Sulle prime non digerii quella teoria, in quanto mi suonava elitaria. Mio padre – l’uomo più colto che abbia mai conosciuto – non superò la prima media e per tutta la vita si guadagnò da vivere con il lavoro manuale. Dopo la sua morte, andai via da casa ed a mia volta non completai mai la scuola. Dal mio punto di vista, se perfino i medici erano bollati come semplici funzionari ben “addestrati”, io e mio padre eravamo così poco istruiti e specializzati da non rientrare in alcuna delle due categorie.

Mi sbagliavo.

Nock non pensava che l’attitudine al pensiero critico fosse prerogativa di specifiche classi, razze, religioni. Non era qualcosa di sviluppabile mediante la scolarizzazione formale, ma era sviluppata (o sviluppabile) da chiunque fosse dotato di una innata capacità in tal senso. Un’attitudine intangibile contenuta nell’alveo delle possibilità della natura umana, simile a nascere con orecchio per la musica o attitudine allo sport. La capacità del pensiero critico è riscontrabile tanto tra i membri di famiglie povere irlandesi come la mia, quanto nelle ricche abitazioni dei privilegiati. Proprio come l’intelligenza o il colore degli occhi, si è sparsa in tutta l’umanità casualmente, a macchia di leopardo.

Ad ogni modo personalmente continuo a rimanere scettica, benché incuriosita, dalla teoria della educabilità di Nock, mentre concordo pienamente con la sua teoria dei Rimanenti.

Nel definire un Rimanente, Nock evidenzia un punto che risulta essere essenziale nella attività di qualsiasi propugnatore di libertà. Il suo saggio “Isaiah’s Job” si apre in questo modo: “Una sera dell’autunno scorso, sono rimasto ad ascoltare per lunghe ore un conoscente europeo mentre mi esponeva una dottrina politico-economica che sembrava molto esaustiva ed in cui non riscontrai alcun difetto. Infine concluse con gran serietà: ‘Ho una missione. Sento che la gente mi presterà ascolto. Dedicherò il resto della mia vita a diffondere la mia dottrina tra i popoli, girando in lungo e in largo. Cosa ne pensi?”

Accollarsi una qualche missione nei confronti del popolo è una follia, gli risponde Nock. Dal momento che è risaputo che i favori del popolo finiranno per confluire verso il Barabba di turno, che sarà eletto a campione popolare sulla pelle di qualche uomo innocente. Sarà crocifissa sempre la persona sbagliata.

Si tratta di una visione profondamente cinica, ma non priva di fondamenti storici

Forse il problema sta nel considerare incompatibili i due approcci? E’ possibile credere nella esistenza di Rimanenti nati con la predisposizione verso la libertà, che risuona nel loro intimo come musica, e allo stesso tempo che nell’intimo di chiunque, sotto la cenere covi una brace in attesa di essere rinfocolata con la ragione?

L’idea di libertà può essere come il senso dell’umorismo. Quando si racconta una barzelletta alcune persone ridono prima ancora che la narrazione finisca, perché il messaggio giunge loro ad un livello viscerale, e dunque anticipano mentalmente la battuta finale. Altri ridono dopo qualche attimo, perché riflettono sulla battuta o perché qualcuno gliela spiega. Molti altri non ridono affatto. E altri ancora giudicano offensivo il senso della barzelletta.

La domanda diventa quindi: “A chi dedicare lo scarso tempo e le scarse risorse di cui dispongo?” Agli altri Rimanenti o alle persone che non ridono alla barzelletta? Di questi tempi le parole della ragione appena pronunciate sono soffocate dai venti di guerra e dalla politica. Allo stesso tempo, però, le persone che desiderano vivere libere possono cercarsi e trovarsi reciprocamente, naturalmente.

E, così, nello spirito di Albert Jay Nock, mi rivolgo a tutti i Rimanenti in ascolto:

Non sai chi o che cosa sei, ma sai due cose. Che esisti. E che io ti troverò. Ti troverò per porti la mia mano, in amicizia e fraternità. E’ un gesto egoistico, perché ho ​​bisogno della tua compagnia. Ho bisogno di sapere che esistono persone di buona volontà e devote alla verità che riconoscano che ciò che produco appartiene a me.

Voglio poter parlare con altre persone senza dovermi preoccupare di come le mie parole potrebbero essere usate per farmi del male. Voglio vivere in una società in cui le persone provino gioia e si arricchiscano a vicenda, senza paure o pericoli. Ho voglia di vivere in un mondo libero. Un mondo diverso da quello attuale. E così, il mondo più vicino a questi miei ideali è quello dei Rimanenti.

Senza pretendere di essere una portavoce, levo il bicchiere e ti invito ad unirti a noi. Ma se tu oggi non accogliessi tale invito, il prossimo bicchiere sarà levato, un giorno, alla tua richiesta: “Posso unirmi a voi?” E alla fine il risultato sarà uguale. Viva i Rimanenti, ai quali è oggi affidato il compito di tramandare la libertà.

Il nostro nemico, lo Stato. Albert Jay Nock Wendy McElroy, anarchica individualista e femminista, autrice / editrice di dodici libri, l’ultimo dei quali è L’Arte di Essere Liberi.

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